In un sistema sempre più digitalizzato cresce il timore di attacchi informatici.
Lo chiamano il “Covid Trio”: sono i tre rischi più percepiti e temuti dalle imprese in tutto il mondo, secondo la decima edizione dell’Allianz Risk Barometer.
Sul podio sale infatti lo “scoppio della pandemia”, che in passato non aveva mai superato la 16esima posizione e quest’anno fa un salto fino alla seconda posizione, a livello globale, e alla terza in Italia.
Ma gli effetti legati al Covid-19 si fanno sentire anche sulle altre posizioni, come spiega Nicola Mancino, rappresentante di Allianz Global Corporate&Specialty (Agcs) in Italia: “La pandemia, che l’anno scorso era solo al 17esimo posto tra le indicazioni dei risk manager intervistati, quest’anno non solo emerge come uno dei principali rischi percepiti, ma influenza anche gli altri – osserva Mancino – l’interruzione di attività, che è il primo a livello mondiale e il secondo in Europa e in Italia, e i rischi informatici, terzi su scala mondiale, ma al primo posto nei Paesi europei, compreso il nostro”.
Non solo: la percezione del rischio in qualche modo si polarizza attorno a questo trio legato alla pandemia, con oltre il 40% di segnalazioni da parte degli esperti interpellati dal Barometro (quasi 2.800 in 92 Paesi).
In particolare, il timore di rischi informatici sale in Italia dal secondo posto del 2020 al primo, con 49% delle segnalazioni. “L’incremento della digitalizzazione in seguito allo scoppio della pandemia, legato soprattutto alla diffusione del lavoro da remoto e all’aumento delle connessioni per gran parte delle attività prima svolte in presenza, aumenta le possibilità di attacchi informatici, guasti alla rete, violazione dei dati”, spiega Mancino.
E’ un rischio contro il quale le aziende si stanno attrezzando da diversi anni, con investimenti anche importanti su prevenzione e informazione, tuttavia resta ancora molto da fare in termini di miglioramento e adeguamento tecnologico, ma soprattutto di formazione e training dei dipendenti.
“Il cyber crime ha costi elevatissimi per le imprese – precisa Mancino. Si stima che nell’ultimo anno i crimini informatici abbiano avuto un impatto sull’economia di un trilione di dollari a livello globale.
Si tratta di un vero distruttore di valore, a cui il modello produttivo verso cui stiamo andando, sempre più digitalizzato, espone ulteriormente le aziende”.
Servono dunque nuovi investimenti da parte delle imprese, sia sulla parte “hard”, di adeguamento tecnologico, sia e forse ancora di più su quella “soft”, con una grande operazione di “sensibilizzazione formativa dei dipendenti”, dice il manager di Agcs Italia.
Strettamente connesso alla cyber security e alla pandemia è il rischio di interruzione di attività: le conseguenze della pandemia, ovvero una digitalizzazione più ampia e la crescente dipendenza di aziende e società dalle tecnologie informatiche, aumenteranno probabilmente i rischi di Business Interruption nei prossimi anni, spiegano gli esperti Agcs.
Secondo Agcs, i piani di business continuity di molte aziende “sono stati rapidamente sopraffatti dal ritmo della pandemia. La pianificazione relativa alla continuità operativa deve diventare più olistica, interfunzionale e dinamica”.
Tuttavia, i rischi tradizionali non scompariranno e devono rimanere nell’agenda della gestione del rischio delle aziende. Tra questi, le catastrofi naturali (quarto nel Barometro, in Italia); i cambiamenti dei mercati, che a livello globale salgono al quarto posto, anche in questo caso innescati dalle conseguenze della pandemia; i cambiamenti macro-economici e i rischi politici.
(tratto da: “Il Sole 24 Ore – Giovanna Mancini)